Galkayo Education Center for Peace and Development (GECPD)

Il GECPD è nato grazie all’impegno di un gruppo di coraggiose donne che in Somalia si battono contro la guerra che ha causato un impoverimento di tipo economico, sociale e culturale di vasta portata.

Nel 1996 un gruppo di donne nella zona di Kismayo (sud del paese) cominciò ad operare sui temi delle mutilazioni genitali femminili e sulle discriminazioni sociali operate verso le donne. Nacque così il JWDC (Centro di Sviluppo delle Donne del Juba), promosso e diretto da Hawa Mohamed.

Partendo da interventi riguardanti la salute fisica delle bambine e delle donne, il JWDC ha rivendicato e lavorato per l’educazione e l’istruzione delle donne. Ha posto grande attenzione e impegno nella formazione di operatrici sociali: infermiere, insegnanti, educatrici. L’organizzazione si è data una struttura che privilegia la continuità degli interventi e delle iniziative. L’opera del JWDC, che è diventata sempre più importante per la quantità e la qualità del lavoro svolto, suscita però anche effetti più propriamente politici. Rivolgendosi alle donne, a tutte le donne, il JWDC ha portato a una riflessione sul sistema sociale e politico della Somalia fondato sui clan.

Queste donne stanno affrontando il problema della tradizione, della struttura in clan con la determinazione e la lucidità originate dalla durezza delle proprie condizioni di vita.

Il JWDC, trasferitosi poi a lavorare nella regione del Puntland con il nome di GECPD (Centro di Educazione per la Pace e lo Sviluppo), ha impegnato la propria struttura in iniziative diverse per ricercare e favorire il confronto tra le fazioni in guerra. Ha organizzato cicli di incontri tra la popolazione, culminati nella manifestazione della “tenda per la pace” del dicembre 2001, ha sviluppato la formazione di animatori e, soprattutto, cerca di coinvolgere gli uomini (leader politici e religiosi) in questo processo di crescita positiva.

Queste donne stanno cercando di salvare il proprio Paese dalla distruzione, esponendosi in prima persona. Alla disperazione della sopravvivenza cercano di sostituire responsabilità, studio, confronto, progettazione del proprio futuro.