2003 – Il calendario dei calendari

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I tempi del tempo

Nella società di fine modernità siamo costretti a inventare nuovi paradigmi culturali e scientifici. Il “calendario dei calendari” ci presenta la multiculturalità in cui siamo inseriti, il suo valore non è costituito solo dalla conoscenza di quella che è la divisione del tempo islamica o cinese o di altre culture, ma in quanto tutto ciò è riconosciuto come punto di partenza per inventare nuovi significati e paradigmi del tempo in una realtà postmoderna.
Con queste informazioni riusciamo a capire l’interazione fra culture tradizionali, moderne e postmoderne. Ma la cultura non è semplice informazione e conoscenza degli altri, dobbiamo sviluppare la capacità di elaborazione, interpretazione e critica dell’esistente. Tutto questo deve essere parte della formazione per qualsiasi età e professione.
Da millenni la scansione e la sistematicizzazione del tempo è una pratica di tutte le civiltà e si collega al senso che l’uomo attribuisce alla natura, alle religioni e al cosmo. Tutte le religioni contengono due insegnamenti fondamentali: uno della trascendenza per il rapporto con il divino e l’altro ricorda le regole utili per la vita soggettiva e sociale dell’uomo.
Il tenere conto delle religioni proprio dei calendari rispetta ambedue gli insegnamenti.
Nei calendari emerge soprattutto la cultura tradizionale, che è saldamente legata alla religione (calendario ortodosso, gregoriano, islamico, ebraico, iraniano, induista, islamico ecc.), ai cicli della natura (africano, indiano d’America) al cosmo e al mondo astrale (maya e cinese).
Le strutture di pensiero arcaiche e tradizionali, che stanno dietro alla formulazione dei calendari, ci fanno pensare ad una scansione del tempo diversa da quella nella quale siamo inseriti, diversa dal tempo della modernità e dell’industria.
Le tre componenti (religiosa, della natura e cosmica) influenzano poco la scansione del tempo moderno proprio dell’Occidente. Com’è regolato il tempo delle società moderne, in modo da poter essere rappresentato in un calendario? La funzionalità del tempo è legata contemporaneamente alla dimensione politica e a quella economica. Il calendario moderno ci dà le “date civili” che costituiscono la coesione dei cittadini e dei loro diritti dentro lo Stato-nazione (la festa stabilita come inizio “civile” dell’anno, la festa della Repubblica, delle donne, dei bambini, dei martiri dell’Olocausto, dei lavoratori ecc.). Feste civili che hanno la funzione di creare il consenso politico verso le istituzioni.
Le esigenze economiche della produzione e dei consumi (festa della mamma, del papà ecc.) dopo quelle politiche, sono il secondo punto dei nostri calendari moderni, della nostra scansione del tempo. Rispecchiano la nostra quotidianità di uomini moderni, una quotidianità regolata dalle necessità dell’azienda, otto ore di lavoro distribuite in modo che le macchine, la forza lavoro e il sistema produttivo in genere abbiano una massimizzazione di interessi.
Il nostro è ancora il “tempo dell’industria e del business”, ma si va lentamente modificando.
La concezione del tempo nel postmoderno si fa contaminare dalle culture tradizionali e quindi dalle religioni, dalla natura e dalla dimensione cosmica e astrale. Si ripensa al senso della nostra quotidianità sovraccarica di impegni e si inventano forme collettive diverse di gestione del tempo. L’esperimento del “tempo al femminile” costituito dalle “banche del tempo”, il tempo delle economie di reciprocità in Africa e altrove, il tempo della bicicletta degli ecologisti, il tempo della preghiera e delle meditazioni proposto dalle religioni, il tempo della notte prediletto dall’informatica e dalle nuove generazioni, sono concezioni del tempo diverse dall’idea produttivistica e aziendalista del tempo. Sono visioni del tempo che fecondano la dimensione postmoderna della cultura.
La società multiculturale deve riuscire a proporre meticciati e sincretismi che tengono conto del punto di partenza di una pluralità che non può però essere vista nella staticità delle culture tradizionali. Tutto il mondo è contaminato dalla modernità occidentale, ma tutto il mondo sta riflettendo e cercando le strade per uscire da quel modello di sviluppo che oggi costituisce un freno al cambiamento e all’emancipazione.
La mediazione deve tenere conto di aspetti complessi e culturali che vanno al di là del rapporto fra popoli e tradizioni diverse. Dobbiamo mettere in conto che quando trattiamo con persone provenienti da altre culture sono persone che conoscono e spesso aspirano alla modernità. D’altra parte oggi, nella società occidentale, esistono gruppi e associazioni che propongono stili di vita diversi da quello della modernità.
I temi che propongono gli indiani d’America o la religiosità ebraica o quella islamica o altre ancora sono utili per superare la razionalità unica del moderno, ma non possono essere presi come fondanti di una nuova cultura, ma come visioni poetiche, filosofiche e anche salvifiche dell’oggi. Se è vero che il calendario lunare è quello femminile, che corrisponde ai cicli mestruali, non serve però contrapporlo a quello solare-maschile. Si tratta certo di una nuova considerazione del femminile, di una ierofania (rappresentazione del sacro) arcaica che ci piace ricordare, può anche essere lo spunto per una critica alla cultura patriarcale, ma fuori da qualsiasi verità storicista che diviene, questa sì, fondamentalista. La scansione del tempo dei racconti di Alce Nero, con le Lune Grasse, quelle dell’Erba Rossa e delle Ciliegie Nere, ci ricordano che la natura esiste, fuori dalle nostre città e da una visione della vita tutta urbana, che la natura è fatta di vita biologica che ha propri tempi ciclici e stagionali.
La determinazione del giorno, che per gli ebrei non comincia a mezzanotte, ma al tramonto del sole e finisce al tramonto del giorno dopo, ci ricorda che le nostre attività devono fermarsi molto prima di mezzanotte. Non per essere sostituite da altre attività, ma per mettere in atto il training necessario ad imparare a fermarci e a liberare la mente, attraverso la meditazione buddista, induista, cristiana, dai pensieri ossessivi del fare.
Il Ramadan ci ricorda che il digiuno è utile al nostro corpo sovraccarico di cibo e può essere intrapreso, se la situazione lo permette, anche mantenendo i rituali e le sacralità islamiche. Le culture tradizionali e le religioni hanno molto da insegnarci per il nostro benessere, ma occorre alimentare un pensiero critico, soprattutto contro chi ha pretese dogmatiche, di reclutamento e di egemonia religiosa. La mediazione culturale ha rapporto con differenti sollecitazioni postmoderne, ma soprattutto con la necessità di ridimensionare il nostro stile di vita.
Il “calendario dei calendari” ci testimonia la complessità culturale che deve essere rispettata, la necessità di interagire e di discutere al fine di creare quei meticciati e sincretismi necessari a tutte le culture per sopravvivere e a noi per vivere meglio.

Grazia Ardissone
antropologa

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STRUMENTI DI MISURA DEL TEMPO

3000 a.C. In Cina viene inventato l’orologio a fuoco
1500 a.C. Viene introdotta in Egitto la meridiana a sei tacche
1400 a.C. In Egitto e in Grecia si utilizza la clessidra ad acqua; la parola clessidra deriva
dal greco “klepsydra” che significa “ladro d’acqua”
220 a.C. Ctesibio inventa l’orologio ad acqua
1283 d.C. In Inghilterra viene inventato il primo orologio meccanico
a scappamento: non ha lancette e suona le ore
1364 Nasce il primo orologio moderno: ha una sola lancetta per le ore
1656 Huygens inventa l’orologio a pendolo
1949 Nasce il primo orologio atomico
1969 Nasce il primo orologio al quarzo
2001 L’orologio atomico diventa più preciso grazie all’oscillazione degli atomi di mercurio

CALENDARIO CINESE

Il calendario cinese è un calendario lunisolare, cioè sia lunare che solare. In antichità, l’anno era diviso in dodici mesi: sei mesi “grandi” di trenta giorni e sei “piccoli”, di ventinove giorni. Il calendario lunare, però, ogni anno rimaneva indietro di undici giorni e un quarto rispetto a quello solare; di conseguenza, ogni tre anni c’era un ritardo di trentatré giorni e tre quarti. Per far tornare i conti si aggiunse un mese intercalare, ma ogni tre anni avanzavano ancora 3 giorni e tre quarti, così ogni cinque anni si aggiunsero due mesi intercalari, ma ancora non bastava. Nel 1028 a.C. si trovò la soluzione definitiva per l’anno cinese: l’introduzione di sette mesi intercalari ogni diciannove anni.
In un primo momento, il mese intercalare venne messo alla fine dell’anno e fu chiamato tredicesimo mese. Qualche volta si aggiungevano altri due mesi intercalari dopo cinque mesi, arrivando ad avere un anno di quattordici mesi. Nel 1800 a.C., durante la dinastia Shang, l’anno venne diviso in due stagioni, la primavera e l’autunno. Estate e inverno vennero aggiunti in epoche più recenti.
Ogni stagione era divisa in tre decadi: la prima, o superiore, era Men, la seconda, o centrale, era Zhong e la terza, o inferiore, Ji. L’anno solare è di 365 giorni: è diviso in ventiquattro periodi (i jieqi) che sono regolati sul passaggio del sole in una casa zodiacale e tutti i contadini in Cina si basano su questa divisione per i lavori in campagna. Il Capodanno è il giorno della prima luna nuova dopo l’entrata del sole nell’undicesimo segno dello zodiaco solare, conosciuto in Cina come il Cane e in occidente come l’Acquario; per questo motivo il nuovo anno inizia dopo il 21 gennaio e prima del 20 febbraio del calendario gregoriano.

CALENDARIO ISLAMICO

Nella maggior parte dei paesi islamici si utilizza un calendario lunare, di ispirazione religiosa, introdotto da Muhammad sin dal VII secolo d.C.; oggi molti stati a maggioranza musulmana adottano il calendario lunare esclusivamente a scopo religioso, mentre hanno introdotto l’uso di calendari solari, come quello gregoriano, per le funzioni civili. È questo il caso dell’Egitto, della Siria e dell’Iraq.
Sono meno numerose le nazioni che mantengono ancora esclusivamente il calendario lunare: tra queste, l’Arabia Saudita.
Il calendario lunare si basa sul moto di rivoluzione che la luna compie intorno alla terra: ogni anno è lungo 354 giorni, 9 ore e 48 minuti ed è articolato in dodici mesi di ventinove o di trenta giorni; le ore aggiuntive, che ogni anno “avanzano”, vengono recuperate inserendo, ogni trent’anni, undici anni detti “abbondanti” e composti di 355 giorni.
Questo calendario è più corto di quello solare, perciò i giorni e mesi del calendario islamico non corrispondono ogni anno alle stesse date del calendario gregoriano e “slittano” all’indietro; i mesi islamici e le festività religiose, inoltre, non cadono mai nelle stagioni in modo fisso: il capodanno islamico sunnita, ad esempio, non cade ogni anno nello stesso giorno del calendario gregoriano.
I musulmani calcolano anche gli anni in maniera diversa dal mondo cristiano: considerano infatti come anno zero il nostro 622 d.C. cioè la data della fuga di Muhammad da La Mecca (“ègira”), quindi, in base al calendario islamico, ci troviamo nell’anno 1424.

CALENDARIO IRANIANO

In Iran, come in altri paesi islamici, si usano il calendario lunare per le festività religiose e il calendario solare per quelle civili. Molte feste religiose sono comuni al calendario sunnita e si festeggiano in modo simile: è il caso ad esempio del Ramadan e della nascita del profeta Muhammad. Alcune celebrazioni sono invece diverse: ad esempio nella festa di Ashura gli Sciiti ricordano l’uccisione di Alì, genero di Muhammad, da parte dei califfi che volevano prendere il potere al suo posto; durante questa festa in Iran si svolgono rituali duri e sanguinosi, come una processione di uomini che attraversano le vie delle città flagellandosi e frustandosi, in ricordo del dolore e del sacrificio di Alì. La festività più caratteristica dell’Iran è il Now Ruz (“nuovo giorno”): si tratta del capodanno iraniano che, a differenza di quello sunnita, cade ogni anno nello stesso giorno del calendario gregoriano, cioè il 21 marzo, equinozio di primavera. è una festività “pre-islamica” che si celebrava ancora prima di Muhammad, quando in Persia non si era ancora diffusa la religione musulmana: ricorda la creazione del mondo e la rinascita annuale della natura. Durante questa festa si prega e si pranza insieme con parenti e amici, i bambini ricevono regali dagli adulti ed è usanza che le famiglie facciano delle gite fuori città, nel verde, per salutare il risveglio della primavera. Il rito più famoso del capodanno iraniano è quello degli Haft Sin, cioè delle sette “S”: in ogni casa viene scelto un tavolo o un ripiano su cui si stende una tovaglia, sopra alla quale vengono messi uno specchio, del pane, una brocca d’acqua, talvolta anche uova colorate, e soprattutto sette oggetti il cui nome, in persiano, cominci con la lettera “sin” (S); il più importante e sempre presente è il sabzeh che consiste in una composizione di germogli e che rappresenta il trionfo della vita, che ogni anno si risveglia, sulla morte.

CALENDARIO BUDDISTA

Nel buddismo la concezione del tempo è ciclica, non esiste l’idea di un’origine né di una fine, visto che ogni avvenimento deriva da uno precedente ed è causa di un avvenimento futuro.
La datazione del calendario buddista parte dalla nascita del Buddha che corrisponde all’anno 560 a.C. circa.
Il calendario è lunare, ogni mese termina con un giorno di luna piena. La lunghezza dei mesi è alternatamente di trenta e ventinove giorni.
L’anno comincia vicino all’equinozio di primavera, periodicamente viene aggiunto un mese intercalare per coordinare il calendario lunare con quello solare. La distinzione climatica tra il periodo delle piogge e l’estate determina fortemente una diversa scansione delle feste.
In Tibet il calendario si basa su un ciclo di sessant’anni, e ogni anno è indicato da dodici animali e cinque elementi in varie combinazioni.
Il Calendario Annuo del ciclo attuale è iniziato nel 1927.
Il capodanno cade in febbraio: in questa occasione ha luogo l’espulsione dell’anno vecchio e la preparazione al nuovo anno.
Non esiste un “sabato” in quanto tale: le festività sono “giorni sacri” e vanno osservate l’otto e il quindici di ogni mese: in questi giorni si celebrano funzioni speciali e, normalmente, non si lavora in alcun modo.

CALENDARIO ORTODOSSO

Il calendario ortodosso è di tipo religioso ed è seguito dai popoli cristiani di fede ortodossa. È in uso nella parte orientale dell’Europa (dalla Russia alla Grecia) e in alcuni paesi africani.
Nella chiesa ortodossa ci sono due tipi di calendari: giuliano e gregoriano. Il calendario giuliano riporta le festività 13 giorni dopo rispetto a quello gregoriano: così la festa di Natale non cade il 25 dicembre ma il 7 gennaio, l’Epifania si festeggia il 19 gennaio e così via. La celebrazione della domenica coincide per entrambi i calendari.
In Russia esiste una favola popolare che si ispira alla suddivisione dell’anno: “Apparve nonno anno, un vecchio dalla lunga barba; scrollò una prima volta le ampie maniche della sua veste e uscirono tre uccelli: con loro arrivarono il freddo e il vento. Scrollò le maniche una seconda volta e comparvero altri tre uccelli che portarono tiepidi raggi di sole che sciolsero la neve nei prati; la terza volta con altri tre uccelli arrivarono il caldo e l’acqua, e i contadini cominciarono la mietitura. Con i tre uccelli che uscirono la quarta e ultima volta soffiò un vento pungente, piovve e calò la nebbia.
Gli uccelli erano speciali: ognuno aveva infatti quattro ali di sette piume; ogni piuma aveva un nome preciso e presentava una parte bianca e una nera; quando gli uccelli volavano, i due colori si alternavano. Gli uccelli rappresentano le quattro stagioni, e sono tre come i mesi che le compongono; le quattro ali sono le settimane e le sette piume i giorni della settimana in cui si alternano giorno e notte”.

CALENDARIO MAYA

I maya usavano tre calendari:
1° calendario: Tzolkin, composto da 260 giorni, aveva una funzione religiosa, era costituito da 2 ruote, la più interna composta da 13 mesi, quella esterna da 20 giorni mensili corrispondenti a 20 divinità.
2° calendario: Haab, composto da 365 giorni, aveva una funzione religiosa, era diviso in 19 mesi, corrispondenti a 19 divinità, ognuno di 20 giorni; i 5 giorni rimanenti erano detti “senza nome, infausti”.
3° calendario: aveva un conto lungo e per i Maya il 6 settembre 3114 a.C. era l’inizio del mondo. Essi credevano che il mondo sarebbe durato per cicli lunghissimi di 13 baktum (circa 5125 anni), quindi il ciclo attuale si dovrebbe concludere il 21 dicembre 2012 d.C., per dare poi vita a un nuovo mondo.
Ogni mese era caratterizzato da una festa.
Il mese di Pop, dedicato al giaguaro, è il mese del capodanno Maya. Nei mesi di Uo e Zip (dedicati a un dio serpente) un sacerdote consultava libri sacri per conoscere gli auspici per il nuovo anno. Durante i mesi di Zotz e di Tzec (dedicati al dio pipistrello) i proprietari di alveari, allo scopo di accrescere il raccolto del miele, bruciavano incenso su delle tavolette dove erano tracciati disegni con il miele. Il mese di Xul era il giorno della festa in cui la gente della città e dei villaggi vicini si radunava a Manì (una delle province del regno Maya).
Nel mese di Yaxkìn (dedicato al sole) si facevano i preparativi per la cerimonia generale in onore di tutti gli dei.
Nel mese di Mol (dedicato a un vecchio dio) si teneva una cerimonia importante detta “fabbricazione degli dei”: gli scultori intagliavano, per un committente, idoli di legno che venivano poi inseriti in un’urna di terracotta con il coperchio perché gli idoli potessero essere tenuti debitamente al riparo.
Durante il mese di Chen (dedicato alla luna) si esorcizzavano gli spiriti maligni e si bruciava l’incenso; gli idoli, messi in un canestro avvolti in un panno, venivano consegnati al proprietario. Nel corso del mese di Yax (dedicato a Venere) si svolgeva una cerimonia di rinnovamento: idoli di terracotta e incensieri venivano rinnovati con cerimonie simili a quelle riguardanti la fabbricazione degli idoli. Nel mese di Zac (dedicato al dio del uinal) i cacciatori celebravano una festa per fare ammenda presso gli dei del sangue versato durante la caccia: qualsiasi spargimento di sangue, tranne che nei sacrifici, era infatti considerato abominio, per cui bisognava fare riparazione.
Durante i mesi di Ceh e di Mac veniva organizzata una festa detta “uccisione del fuoco”: aveva luogo una grande caccia, in cui si catturava molta selvaggina; nel giorno della cerimonia gli animali catturati erano portati nel cortile del tempio, qui venivano sacrificati e i loro cuori buttati nel fuoco. Nei mesi di Kankin e di Muan i proprietari di piantagioni di cacao celebravano una festa in onore di Ek Chuah (divinità dei mercanti e del cacao).
Nel mese di Pax (dedicato a un dio dal naso adunco) si celebrava una cerimonia in onore del dio Cit Chac Coh (Padre Puma Rosso) durante la quale il capitano di guerra eletto veniva portato sulle spalle con un palanchino intorno al tempio e incensato; veniva poi sacrificato un cane e il suo cuore offerto all’idolo del dio.
I mesi finali di Kayab, Cumkù e Uayeb erano dedicati alle cerimonie di preparazione al nuovo anno.

CALENDARIO INDUISTA

Il calendario induista è lunare. Il mese di trenta giorni lunari o tithis (equivalente a 29,5 giorni solari) si suddivide in una prima quindicina di luna crescente (o Shokla Paksha), che inizia con la luna nuova, e una seconda quindicina di luna calante (o Krishna Paksha), che inizia e finisce con la luna piena. Ogni tithi delle due fasi lunari ha una denominazione particolare ed è riferimento per specifiche cerimonie religiose. L’anno indù incomincia all’equinozio di primavera (21 marzo) che corrisponde al mese Chailia. La datazione dell’anno parte dal momento in cui il famoso re Vikrama Era introdusse il calendario; il 2003 del calendario cristiano corrisponde quindi al 2059.
Le stagioni (della durata di due mesi ciascuna) sono sei:
Vasanta (primavera): marzo – maggio
Grishma (estate): maggio – luglio
Varsha (piogge): luglio – settembre
Sharad (autunno): settembre – novembre
Heranta (inverno): novembre – gennaio
Sishara (stagione fredda): gennaio – marzo
I dodici mesi lunari coprono solo 354 giorni solari, di conseguenza ogni 30 mesi vi è un mese extra (Adhik mas).

CALENDARIO DEGLI INDIANI D’AMERICA

I nativi d’America non misuravano il tempo in anni, ma lo dividevano in mesi lunari, precisamente in dodici lune che andavano da una primavera all’altra, a cui ogni tribù dava nomi diversi. Ciascuna luna era divisa in “sonni” che corrispondevano ai nostri giorni (24 ore). Dall’alba al tramonto, seguendo il corso del sole, il tempo era poi suddiviso in metà e in quarti. Oltre al presente, era molto importante per queste popolazioni la conoscenza del tempo passato, della loro storia e origine, delle gesta, delle tradizioni. Per questo tenevano il “computo degli inverni”, ossia registrazioni sotto forma pittorica di alcuni importanti eventi trascorsi, e gli anziani avevano l’abitudine di narrare a ripetizione, ogni sera, vicende e miti.
Dai racconti di Alce Nero, appartenente al gruppo Sioux (dal libro di John G. Neihardt “Alce Nero parla”, Adelphi-La Nuova Italia), si sono ricavati i nomi delle varie lune da marzo a febbraio: Luna degli accecati dalla neve, Luna quando appare l’erba rossa, Luna quando i cavalli perdono il pelo, Luna che ingrassa, Luna quando le ciliegie sono rosse, Luna quando le ciliegie sono nere, Luna quando ai vitelli cresce il pelo, Luna del cambio di stagione, Luna delle foglie cadenti, Luna degli alberi scoppiettanti, Luna del ghiaccio nella tenda, Luna dei vitelli rosso scuro.
Dal nome delle lune si nota lo stretto contatto fisico e mentale che le popolazioni indiane avevano con l’ambiente e con i fenomeni naturali e atmosferici a esso collegati.

CALENDARIO EBRAICO

Il calendario ebraico è un calendario lunisolare, ossia combina la misurazione dell’anno, in base al tempo impiegato dalla Terra a fare un giro completo intorno al Sole, con quella del mese, in base al tempo impiegato dalla Luna a fare un giro completo intorno alla Terra.
Questo calendario misto è stato dettato dall’esigenza di far cadere la festa di Pasqua (Pèsach) sempre in primavera ed evitare che, come accade per il calendario lunare islamico, i mesi slittino un po’ indietro ogni anno. Il calendario ebraico attualmente in uso è stato stabilito dal presidente di corte suprema sanhedrino Hillel II, nel 359 dell’era cristiana. Secondo questo calendario, gli anni della storia partono dalla creazione del mondo che, calcolata sommando tutte le età delle persone menzionate nella Bibbia, sarebbe avvenuta nel 3761 a.C. Il 2003 è, dunque, per il calendario ebraico, l’anno 5764 (2003 + 3761).
Il calendario ebraico è utilizzato in Israele e da tutti gli Ebrei della diaspora per motivi religiosi, per sapere cioè quando cadono nell’anno le festività religiose, mentre sui quotidiani appare la doppia datazione, ebraica e cristiana.
Nel calendario ebraico ci sono dodici mesi, che diventano tredici negli anni “bisestili”; i mesi sono alternatamente di 29 o 30 giorni.
Le settimane hanno sette giorni: incominciano con la domenica e finiscono con il sabato, considerato festivo. Il giorno incomincia al tramonto del sole e finisce al tramonto del giorno successivo.

CALENDARIO DEI POPOLI AFRICANI A SUD DEL SAHARA

Nelle città africane è stato ormai adottato il calendario gregoriano che è diffuso in tutto il mondo; nei piccoli villaggi però si mantengono ancora i calendari tradizionali, che sono diversi per ogni comunità.
Nei villaggi africani c’è una cultura orale; anche l’idea del tempo è tramandata oralmente e, per misurarlo, non si usano orologi e calendari ma si osserva la natura.
Nel calendario africano ci sono due stagioni: quella della pioggia e quella della siccità. Il giorno e la notte hanno la stessa durata; il giorno comincia col canto del gallo, e il mezzogiorno coincide con il momento in cui il sole è più alto; la notte incomincia quando il sole supera la linea dell’orizzonte. La settimana è una nozione precisa, si divide in sette giorni ognuno dei quali ha un nome e una funzione propri.
Non c’è il mese ma si parla di lune; ogni anno è diviso in 13 lune che sono a loro volta formate da 28 giorni.
Nei vari villaggi l’anno incomincia in momenti diversi, e spesso l’inizio è collegato a qualche ricorrenza importante.
Di solito si festeggia l’anno nuovo quando si completa il raccolto di un importante prodotto agricolo, ad esempio dell’igname, una specie di patata che sta alla base dell’alimentazione di molti villaggi.
In questa occasione si fa una grande festa, si ringrazia la divinità per il raccolto e si incomincia a mangiare il nuovo prodotto.

CALENDARIO GREGORIANO

Il calendario gregoriano è l’unico a essere esclusivamente solare, e in questo senso è un’anomalia, perché tutti gli altri calendari, da quelli antichi a quelli tuttora in uso, sono lunari o lunisolari.
Risale ai Romani, ai tempi di Giulio Cesare, che adottò l’anno solare degli Egizi, e lo promulgò nel 63 a.C., facendolo poi correggere da uno studioso greco di Alessandria, Sosigene, che nel 46 a.C. eliminò l’errore accumulato nei secoli con il vecchio calendario lunare introducendo tre mesi all’anno 46, e un anno bisestile ogni quattro anni. Prima del calendario giuliano esisteva un altro calendario, detto romuleo perché attribuito a Romolo, che era però composto da dieci mesi e iniziava con il mese di marzo (lo testimoniano ancora oggi i mesi di settembre, ottobre, novembre e dicembre, che erano rispettivamente il settimo, ottavo, nono e decimo mese del calendario romuleo). Quello di Cesare era però ancora un calendario pagano, che contava gli anni a partire dal 753 a.C. (anno della fondazione di Roma secondo la tradizione). Nel 532 d.C. fu un monaco, Dionigi il Piccolo, a fissare l’anno della nascita di Cristo, anche se studi recenti hanno dimostrato che i suoi calcoli erano errati di almeno quattro anni: Gesù infatti nacque al tempo dell’imperatore Augusto (27 a.C.-14 d.C.) e del re Erode il Grande (37-4 a.C.). Si chiama gregoriano perché un papa, Gregorio XIII, nel 1582 fece correggere un piccolo errore, a causa del quale l’anno giuliano era lungo 11 minuti e 10 secondi in più del dovuto, il che aveva causato nel tempo dieci giorni di ritardo che rendevano incerta la data della Pasqua, che si calcola in base all’equinozio.
Oggi il calendario gregoriano è adottato in tutti i paesi cristiani, e in altri non cristiani per uso civile, ma la sua diffusione è stata lenta e travagliata: i paesi cattolici come Italia, Francia, Spagna e Portogallo accettarono subito la riforma, ma i paesi protestanti rifiutarono di adottarlo fino al 1700; in Russia il calendario gregoriano fu adottato solo dopo la rivoluzione, nel 1918.